Abbiamo 2 Smart Working, ma solo uno serve al futuro della tua organizzazione
Ebbene si. Abbiamo (purtroppo) due Smart Working. Uno — lo Smart Working, quello vero, originale, completo, internazionale. L’altro quello interpretato, compreso parzialmente, italiano. Il primo si connota per l’inclusione di tutte le variabili che caratterizzano un’organizzazione (persone, tecnologie e spazi) all’interno di un percorso che vede la stessa evolversi facendo leva su concetti quali la responsabilizzazione della attività e la fiducia nei rapporti di lavoro (puoi approfondire in questo articolo se vuoi comprendere cos’è lo Smart Working veramente). Il secondo, più conservativo, si concentra su concetti legati alla mobilità del lavoro e — in parte — al benessere del lavoratore, “ingabbiati” in una normativa che rappresenta per molti — ahimè — la principale fonte esplicativa. In altri termini, se oggi vuoi capire lo Smart Working, fai riferimento solo a una normativa che — in quanto tale — tende a normare, controllare, regolare qualcosa che oggettivamente è impossibile fare: l’evoluzione delle organizzazioni.
Così lo Smart Working viene associato al “lavoro da casa” o al “lavoro in mobilità 1 o 2 volte a settimana”. Spopola il “copia e incolla” di improbabili e superficiali articoli in cui oggi in Italia tutti sono “smart workers” e tutti applicano lo Smart Working. Per piacere… Per capire a fondo cos’è lo Smart Working, forse dobbiamo prima capire perché ha senso lo Smart Working.
Per comprendere il contesto in cui si muove lo Smart Working prendo spunto da Frederic Laloux e dal suo libro “Reinventare le organizzazioni.” (se sei interessato a questi temi devi comprarlo assolutamente, ma ora!) che recita in copertina “Come creare organizzazioni ispirate al prossimo stadio della consapevolezza umana”. Con questa premessa puoi inquadrare facilmente l’obiettivo e lo spirito del suo libro.
Laloux ci racconta come le moderne organizzazioni hanno portato progressi sensazionali all’umanità in meno di due secoli, ma molti hanno la sensazione che il nostro attuale modo di gestire le organizzazioni sia stato portato a un punto di rottura. Attraverso la descrizione di diversi stadi evolutivi di un’organizzazione, l’autore illustra vari paradigmi che hanno caratterizzato le aziende nel tempo associandoli a differenti colori. Dal paradigma rosso a quello teal. Vediamoli.
Il Paradigma Rosso. Nelle organizzazioni rosse il potere viene continuamente esercitato nelle relazioni interpersonali, spesso con la forza, per garantire stabilità nel tempo. Basandosi esclusivamente su legami familiari, le organizzazioni incontrano non poche difficoltà nel crescere a causa anche dell’incapacità di gestire le risorse e nella pianificazione. Le organizzazioni sono apparse inizialmente sotto forma di eserciti di conquista e oggi si possono trovare ancora nelle bande di quartiere e nelle mafie.
Il Paradigma Ambrato. Le organizzazioni ambrate acquisiscono una maggior consapevolezza del tempo lineare e si proiettano verso il futuro. Storicamente si affermano nella società che inizia a regolare i comportamenti con leggi enfatizzando il senso di appartenenza a una classe sociale. Si stabilizzano i primi processi e gerarchie per garantire solidità e futuro all’organizzazione. La posizione gerarchica è elemento di discriminazione. La pianificazione è a medio-lungo termine e coinvolge solo i vertici, mentre l’esecuzione è separata e spetta ai lavoratori, considerati essenzialmente pigri e disonesti. Il controllo diventa l’elemento fondante del rapporto tra management e “gli altri”. Il lavoro viene inteso come un impiego a vita mentre il cambiamento viene visto con avversità. Oggi possiamo trovare le organizzazioni ambrate in alcune istituzioni della pubblica amministrazione.
Il Paradigma Arancione. Nelle organizzazioni arancioni si aprono le porte alla ricerca scientifica e all’innovazione, cercando di allontanare i pregiudizi del paradigma ambrato. Lo stile di leadership e di management cambia, prediligendo l’approccio “previsione e controllo” piuttosto che “comando e controllo”. Si introducono i sistemi di valutazione e performance per obiettivi, nasce il ruolo di HR, si inizia — almeno su carta — a premiare le persone attraverso principi di meritocrazia. Tuttavia si esaspera il concetto “more is better”, per cui l’avidità aziendale, la visione di breve termine, l’eccesso di consumi, lo sfruttamento delle risorse del pianeta caratterizzano un approccio materialistico, tipico delle multinazionali. Nascono organizzazioni senza vita e senza anima che danno priorità ai compiti, non alle relazioni.
Il Paradigma Verde. Le organizzazioni verdi ricercano l’onestà, il senso di appartenenza, l’armonia, la comunità, la cooperazione. Si da massimo valore alle relazioni, non solo ai risultati. Viene data maggior capacità decisionale ai lavoratori che sono a contatto con clienti. Il management, dunque, cede parte del potere e del controllo a favore di una maggior efficacia. Si inizia a parlare di empowerment delle risorse su larga scala e si enfatizza la cultura organizzativa guidata da valori seppur molti sono disillusi rispetto alla nozione di valori condivisi a causa dell’approccio delle organizzazioni arancioni che “(…) definiscono un insieme di valori, li appendono nei muri degli uffici e nel sito web dell’azienda e poi li ignorano tutte le volte che essi producono un impedimento per migliorare i profitti”. È possibile ritrovare il paradigma verde in molte organizzazioni che vivono la loro mission in maniera intensa attraverso anche l’assunzione di responsabilità sociali non solo rispetto agli stakeholder, ma alla comunità intera.
Il Paradigma Teal. Le organizzazioni teal (tonalità di blu) si caratterizzano per l’auto-organizzazione. Non esistono ruoli e giochi di potere, ognuno è responsabile e proprietario del lavoro, si ricerca la pienezza nei rapporti sociali, non si indossano “maschere” a lavoro in quanto le relazioni si basano sulla trasparenza e la fiducia. Le organizzazioni si reinventano e si adattano a quelle che sono le condizioni di mercato, ma soprattutto le esigenze dei lavoratori, non più considerati “gli altri” ma tutti unici e fondamentali. Il Paradigma Teal non è di facile comprensione e — di conseguenza — applicazione siccome ribalta i classici schemi delle teorie delle organizzazioni: no gerarchia, no ruoli, no decisioni solo da top management, azzeramento quasi totale delle funzioni di staff. Hai mai sentito parlare di Holacracy (qui puoi approfondire)? Le organizzazioni teal vanno in quella direzione. Esistono ancora pochi casi (nel libro vengono analizzate e prese come esempio 12 aziende) ma sono un fenomeno interessante che si sta iniziando a diffondere. Ne parlerò presto in un altro articolo.
Come puoi notare i paradigmi sono cambiati nel tempo in base a un elemento cardine: le relazioni tra le persone.
Credo di averlo ripetuto in più occasioni (e oramai sto iniziando anche a stufarmi!): lo Smart Working è vitale per il futuro di un’organizzazione. Perché? Cosa significa? Senza giri di parole, le organizzazioni sono destinate a scomparire se non si evolvono e adottano un approccio che valorizza le persone mettendole in condizione di lavorare in maniera produttiva e armonica con spazi e tecnologie, lo Smart Working appunto, quello vero. Se non scompariranno domani, forse dopodomani. E nella lista c’è anche la tua se non si adatta.
Chi avrebbe immaginato che 10 anni fa colossi come Kodak, Blockbuster, Nokia avrebbero distrutto le loro quote di mercato in così pochi anni? Attenzione: la causa non è da associare esclusivamente alla congiuntura economica o all’ingresso di nuovi concorrenti come Instagram, Netflix o Waze. Questi elementi hanno influito sicuramente, ma dietro a tutto ciò c’è stata l’incapacità di prevedere il futuro, l’obsolescenza di un modello decisionale e di management che vede solo i vertici come decisori e “gli altri” esecutori, l’impotenza nell’adattare la propria organizzazione e farla evolvere. Ma l’organizzazione da chi è fatta? Solo dal top management? NO! Da tutti. Perché tutti possono contribuire al futuro di un’organizzazione. Mettiamoli in condizione di lavorare in maniera produttiva, forniamogli la giusta tecnologia per favorire la collaborazione, garantiamogli la giusta mobilità e gli spazi adatti per essere soddisfatti e contenti. Questo è lo Smart Working.
Dunque, ha senso ancora associare lo Smart Working a lavorare 1 o 2 giorni da casa o da qualunque altro posto? Possiamo ridurre lo Smart Working a così poco? Apriamo gli occhi. Apriamo gli orizzonti. Vediamo oltre.
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Ho scritto altro sullo Smart Working. Puoi trovare qualcosa di interessante qui:
- Cos’è lo Smart Working? La definizione. Quella vera.
- I 7 principali errori dello Smart Working
- Smart Working Toolkit: come lanciare e gestire lo Smart Working con i canvas
- Ecco perché dobbiamo parlare ancora di Smart Working
- Oltre lo Smart Working. I sistemi operativi delle organizzazioni
🍊 Articolo originale su www.spremutedigitali.com 🍊